A distanza di quasi 70 anni dalla sua morte ‘ufficiale’, Adolf Hitler continua a far discutere. La storia ci ha raccontato che il Fuhrer si sia tolto la vita con un colpo di pistola nel bunker di Berlino, una volta constatata l’impossibilità di salvare il Terzo Reich. E se non fosse andata davvero così? Se Hitler, insieme all’amata Eva Braun, fosse davvero riuscito a lasciarsi alle spalle le macerie del suo dominio per riparare in America Latina, come tanti dei suoi gerarchi avevano già fatto? E’ la tesi sostenuta da un libro intitolato ‘Hitler in Brasile, la sua vita e la sua morte’, scritto da Simoni Reneè Guerrero Dias. Che, lo precisiamo subito, non è una storica né una studiosa.
Come mai allora una studentessa post-universitaria dovrebbe prendersi la briga di inventare una tesi del genere, attirando le critiche di chi da decenni lavora con la Storia? L’idea fantasiosa nasce dall’analisi di una foto che, secondo la Dias, vedrebbe ritratto un anziano Adolf Hitler con tanto di baffetti. Nella foto l’uomo abbraccia la sua compagna Cutinga, che è però una donna di colore. Una incongruenza notevole vista la considerazione che il Fuhrer aveva per le ‘razze inferiori’. Oltre alla foto, ci sarebbero alcune testimonianze di avvistamenti di Hitler a spasso per il Sud America, in particolare quella di una suora polacca che giura di aver visto un uomo che somigliava al dittatore in un ospedale di Cuiabà all’inizio degli anni ’80. La tesi del libro, infatti, è che Adolf Hitler sia morto in Brasile nel 1984 e non a Berlino il 30 aprile 1945.
Non è la prima volta che sui giornali rimbalza la notizia di una fuga di Adolf Hitler da Berlino prima del crollo definitivo. Il suicidio sarebbe tutta una messinscena per celare il vero destino del dittatore. E’ vero che il corpo non è mai stato ritrovato (i fedelissimi lo avrebbero bruciato per evitare che finisse nelle mani delle potente occidentali), ma la tesi della fuga è sempre stata rifiutata perché andrebbe contro tutto quello che Adolf Hitler ha sempre voluto rappresentare. C’è comunque chi non crede al ‘codice d’onore’ del Fuhurer e tira in ballo il sistema segreto ODESSA, ovvero la rete di ex gerarchi nazisti nata nel 1944 per garantire la fuga in America Latina in caso di sconfitta.
Non è un mistero che alcuni dei più feroci aguzzini del Reich abbiano trovato rifugio in Brasile, Bolivia, Argentina e Uruguay con la complicità anche dei servizi segreti americani: Adolf Eichmann e Josef Mengele su tutti. Ma davvero al Fuhrer, il nemico pubblico numero Uno, sarebbe stata concessa questa via di fuga dalle sue responsabilità? Secondo Simoni Reneè Guerrero Dias la risposta è positiva: Hitler avrebbe vissuto in un villaggio del Mato Grosso sotto il nome fittizio di Adolf Leipzig, al fianco di una donna di colore per evitare ogni collegamento alla razza ariana. Ora la studentessa chiede il test del DNA sul corpo di Leipzig, morto nel 1984, dichiarando con forza che Rochus Misch, ex guardia del corpo di Hitler e l’ultima persona a vedere il Fuhrer dopo la morte, avrebbe mentito. Peccato solo che Misch sia morto pochi mesi fa. Verità o bluff storico? Non ci resta che attendere, constatando come il fascino perverso di Adolf Hitler sia ancora oggi più vivo che mai.
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