Forniva acido ai killer di mafia" L'orrore lega passato e presente
Un palermitano, arrestato nel blitz del Trapanese, era stato processato con Giovanni Brusca e assolto.
PALERMO - A Palermo i corpi dei nemici venivano squagliati. Era una regola della vecchia mafia: azzerare la vita di un uomo, cancellarlo fisicamente. Niente sepoltura, ma un bidone di acido.
Quell'acido in cui ebbero il coraggio di sciogliere il piccolo Giuseppe Di Matteo, vittima innocente di una guerra infame. Volevano zittire il padre collaboratore di giustizia e se la presero con un bambino di 13 anni.
Ad occuparsi di reperire l'acido c'era anche un uomo il cui nome è tornato di attualità. Si tratta di Ciro Gino Ficarotta. Faceva l'elettrauto a San Giuseppe Jato e vent'anni fa rischiò una condanna per mafia. Oggi fa l'imprenditore e due giorni fa è finito in carcere per concorso esterno. Secondo la Procura di Palermo, avrebbe messo la sua impresa agricola a disposizione dei mafiosi trapanesi per la realizzazione di alcuni affari.
Nel 2000 Ficarotta è stato assolto dall'accusa di avere fatto parte della cosca di San Giuseppe Jato assieme a boss del calibro di Giovanni Brusca, Balduccio Di Maggio e Vito Vitale. Allora lo “salvarono” le dichiarazioni dei primi due che scelsero di pentirsi. Fu Brusca per primo a raccontare la storia dell'acido che “ci serviva per sciogliere i corpi... cioè dei cadaveri e... però lui (Ficarotta, ndr) non sapeva il motivo. Lui, gli abbiamo chiesto la cortesia, si è messo a disposizione, quando è arrivato da San Giuseppe Jato, gli diede il furgone con i due fustini di acido al Di Maggio, e lui non sapeva più niente".
Di Maggio, l'uomo che tradì e fece arrestare Totò Riina, confermò che Ficarotta “come attività e favori non ne ha fatti mai. Io ho chiesto a lui alcune volte... di potere comprare l'acido e - diciamo che era acido solforico - e lui me lo aveva... me lo comprava a Palermo, che lui non sapeva quello per cui veniva utilizzato”. Al presidente del Tribunale che mandò assolto Ficarotta, Brusca spiegò che la fornitura di acido era iniziata “nell'83... quando fu l'omicidio di Riccobono, la scomparsa di Rosario Riccobono... ".
Don Saro Riccobono, padrino di Partanna Mondello, fu una della vittime eccellenti dell'avanzata dei corleonesi su Palermo. Fu strangolato nella tenuta dei fratelli Greco, la Favarella. Era il Natale del 1982. Quello che fu annunciato come un pranzo per gli auguri divenne una carneficina. Cibo e vino buoni. Riccobono si rilassò in poltrona per la pennichella. Lo presero alle spalle e lo strangolarono mentre Giuseppe Gambino u tignusu gli diceva “Saruzzu, a to' storia finisci ccà'. Uccisero Riccobono e i fedelissimi che si era portato appresso. I corpi furono dissolti nell'acido.
Probabilmente era l'acido che Ficarottafaceva avere ai boss senza sapere, però, a cosa servisse. Da due giorni il sessantaseienne palermitano è stato arrestato su richiesta del procuratore aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Gianluca De Leo e Carlo Marzella
Fonte: LIVESICILIA.IT/
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