I due sono parenti sia della vittima che del presunto colpevole. Ad ascoltarli sarà il giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa, che ha firmato il provvedimento d'arresto. Il giovane di 32 anni è rinchiuso nella casa circondariale dell'Ucciardone, mentre il padre di 72 anni, cardiopatico, si trova agli arresti domiciliari a San Cipirello. L'unica persona autorizzata ad avere contatti con lui è una parente che gli prepara i pasti e gli ricorda di prendere le medicine.
Padre e figlio, che sbarcano il lunario raccogliendo ferraglia, hanno sempre condotto una vita solitaria. Due persone schive e diffidenti, di cui la maggior parte dei compaesani ignora perfino il cognome. Sono conosciuti, infatti, solo per uno sprezzante soprannome. E basterebbe forse solo questo per raccontare il deserto di relazioni sociali che li circonda. Antonino era stato già arrestato nel 2011, ma solo per avere accumulato rifiuti speciali nel proprio terreno. Un reato contro l'ambiente a cui oggi si aggiunge il sospetto di complicità nella distruzione del cadavere di una cugina. Eppure due mesi fa, quando vennero sequestrati i mezzi dei Caltagirone, in tanti nel vicinato erano pronti a giurare sulla "loro estraneità alla vicenda".
Dalle indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Monreale, col coordinamento dei pubblici ministeri Gianluca De Leo e Ilaria, emergerebbero però diversi indizi di colpevolezza: lo sgombero di materiale fatto in via Crispi, dove sarebbe stata uccisa Concetta. E in particolare il trasporto di un grosso fusto metallico simile a quello dentro cui vennero ritrovati i resti carbonizzati. Il ritrovamento in casa dei Caltagirone di taniche di benzina e immagini sacre dello stesso tipo di quelle ritrovate accanto alle ossa carbonizzate. E soprattutto ci sarebbero i dialoghi carpiti dalle intercettazioni. Per l'avvocato Giuseppe Pinella, che difende i Caltagirone, "con gli elementi fin qui emersi, si poteva comprendere un'accusa di favoreggiamento, ma non certo l'arresto. E la presunta prova dei "santini" è difficile perfino da commentare: si possono trovare in ogni casa".
Padre e figlio, che sbarcano il lunario raccogliendo ferraglia, hanno sempre condotto una vita solitaria. Due persone schive e diffidenti, di cui la maggior parte dei compaesani ignora perfino il cognome. Sono conosciuti, infatti, solo per uno sprezzante soprannome. E basterebbe forse solo questo per raccontare il deserto di relazioni sociali che li circonda. Antonino era stato già arrestato nel 2011, ma solo per avere accumulato rifiuti speciali nel proprio terreno. Un reato contro l'ambiente a cui oggi si aggiunge il sospetto di complicità nella distruzione del cadavere di una cugina. Eppure due mesi fa, quando vennero sequestrati i mezzi dei Caltagirone, in tanti nel vicinato erano pronti a giurare sulla "loro estraneità alla vicenda".
Dalle indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Monreale, col coordinamento dei pubblici ministeri Gianluca De Leo e Ilaria, emergerebbero però diversi indizi di colpevolezza: lo sgombero di materiale fatto in via Crispi, dove sarebbe stata uccisa Concetta. E in particolare il trasporto di un grosso fusto metallico simile a quello dentro cui vennero ritrovati i resti carbonizzati. Il ritrovamento in casa dei Caltagirone di taniche di benzina e immagini sacre dello stesso tipo di quelle ritrovate accanto alle ossa carbonizzate. E soprattutto ci sarebbero i dialoghi carpiti dalle intercettazioni. Per l'avvocato Giuseppe Pinella, che difende i Caltagirone, "con gli elementi fin qui emersi, si poteva comprendere un'accusa di favoreggiamento, ma non certo l'arresto. E la presunta prova dei "santini" è difficile perfino da commentare: si possono trovare in ogni casa".
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