PALERMO - “Il compare del tabacchino” temeva di dovere rinunciare all'eredità. E così avrebbe deciso di assoldare dei killer per sbarazzarsi del parente scomodo. “Tremila euro”, tanto valeva la vita di un uomo. Il prezzo della macabra commissione. È uno dei particolari del blitz dei carabinieri Grande Passo 4. Il gip Fabrizio Afuso ha imposto la libertà vigilata a Gaspare e Pietro Gebbia, padre e figlio, proprietari terrieri. Sarebbe stati loro a volere la morte del parente, ma il progetto sarebbe saltato grazie all'intervento dei carabinieri, nel settembre scorso. Da qui la misura cautelare meno afflittiva.
I militari del Gruppo di Monreale e del Nucleo investigativo hanno documentato le fasi preparatorie dell'omicidio. Sotto intercettazione sono finiti Vincenzo Pellitteri e Paolo Masaracchia, considerato il capomafia di Paalzzo Adriano. Entrambi, in cella da tempo, oggi sono stati raggiunti da una nuova ordinanza di custodia cautelare.
La prima indicazione del piano di morte emergeva il 14 settembre 2014 quando Masaracchia illustrava a Pellitteri i motivi dell'incarico ricevuto da “tuo compare... questo qua del tabacchino...”. Era una faccenda personale che il "compare" non poteva risolvere da solo, visto che non c'era neppure un testamento: “…gli entrano tutti e due i fratelli e quello ci sta mettendo il naso che atto non ce n'è… che ci sta mettendo il naso e siccome scritto non c'è niente, nelle terre e nelle cose…”
Masaracchia aveva avvisato il “committente” dei rischi a cui andava incontro: “…gli ho detto senti qua… per dare le furcunate si va e non si sa quello che può succedere, può essere che questo muore, può essere che succede…”. Meglio affidarsi a dei professionisiti. Il prezzo di una vita umana era bassissimo: “… ed allora… ci vuole qualcuno che si assume le responsabilità ed allora… tu pagando dici… vuoi fatto questo discorso… esci tremila euro e si è chiusa qua…”.
Era certo che il “tabacchino” avrebbe pagato perché “… a tuo compare gli ha incominciato a bruciare il culo perché gli ha messo le mani nella roba, hai capito?”. I due interlocutori dicevano di avere ricevuto il benestare da “don Aspano”, e cioè Gaspare Geraci, anziano capofamiglia di Chiusa Sclafani: “… siccome quello mi ha detto, scusami, mi ha detto sempre vedete di fare soldi per i ragazzi, vedete di fare soldi e di metterli nella cassa, vedete di fare cose… chi? lo zio Aspano? Si…”.
E venne il giorno in cui Masaracchia e Pellitteri discussero con i 'committenti'. Al termine dell'incontro riepilogavano i passaggi del piano di morte che avevano messo a punto. Masaracchia: “Allora, se lui scende, come lui scende, io gli faccio la festa. Subito…”. Poi commentavano il modo con cui avrebbero dovuto depistare le indagini a delitto commesso: “…quella cosa delle femmine mi è piaciuta... poi si prendono le scarpe, la macchina è qua, lui è a terra e si buttano là vicino sempre…”.
L'omicidio, che doveva apparire come l'epilogo di una storia di femmine, doveva avvenire nelle campagne di Contessa Entellina: “… là al cancello c'è una muntata (saluta, ndr) così, no? … però è a due mezzine (ante, ndr), che si può chiudere a mano… devo andare a vedere là a questo abbeveratoio… no io invece devo andare a guardare questo cancello, queste cose, mi devo fermare a questo abbeveratoi, inquadrare bene…”. Nel settembre del 2014 Masaracchia fu arrestato e il piano di morte stoppato sul nascere.
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