di LEANDRO SALVIA
Era il 21 novembre del 1982 quando Karol Wojtyla venne in visita per la prima volta a Palermo: una città in cui quell'anno erano caduti sotto il piombo della mafia Pio La Torre, Rosario Di Salvo, Paolo Giaccone, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo.
Ai funerali del generale Dalla Chiesa, il Cardinale Pappalardo, citando Tito Livio, aveva pronunciato la celebre omelia: "mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata". Giovanni Paolo II visitò dunque una Sicilia fortemente in mano alla mafia e, come raccontano le cronache del tempo, portò il suo conforto agli ammalati dell'ospedale Civico e agli operai del cantiere navale e ai "terremotati" della valle del Belice. Ma in pochi sanno che l'ignaro papa, durante il suoi spostamenti tra la folla palermitana, ebbe come autista un imprenditore edile originario di San Giuseppe Jato: Angelo Siino (la notizia non è certo inedita: nel 1993 Enzo Mignosi la racconta nel volume dal titolo "Il Signore sia coi boss"ed Elio Camilleri la riprende nel 2011 ndr).
Siino al tempo è un nome sconosciuto ai grandi media, ma celebre solo nelle cronache sportive per le sue imprese da pilota di rally alla guida di una Ferrari. Lo chiamavano "Bronson" per la somiglianza col noto attore di Hollywood. Più tardi, 9 anni dopo, passerà invece agli onori della cronaca giudiziaria nazionale e internazionali quando verrà arrestato perché ritenuto il "ministro e dei lavori pubblici di Cosa Nostra" e uomo di fiducia di Totò Riina. Siino, che non era un "militare" di Cosa nostra ma un "burocrate", dopo l'arresto ha deciso di collborare con la giustizia.
Si sa che la Sicilia è una terra dalla forte simbologia: gli oggetti, i gesti e le parole sono foriere di significati che sovrastano spesso il significante. Giovanni Paolo II non poteva certo sapere chi guidasse la sua auto, ma a Palermo l'apparato organizzativo (composto da uomini della Curia e dello Stato) non poteva non sapere.
E allora è legittimo chiedersi perchè la tutela di quel papa (lo stesso che 11 anni dopo, il 9 maggio del 1993, lanciò il coraggioso anatema contro la mafia) venne affidata non ad un autista del Vaticano o delle forze dell'ordine italiane, ma un uomo della mafia, ovvero dell'anti-Stato. Quel Siino che da oggi, nel suo lungo curriculum vitae, potrebbe beffardamente aggiungere la voce "chauffeur di un Santo"
FONTE: WWW.VALLEJATO.IT
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